(1968, Manchester, Inghilterra, Regno Unito)
David Gray è uno che se l’è meritata. Cresciuto in Galles, faceva il cantautore da un pezzo e non se ne accorgeva anima viva. A un certo punto si registrò un nuovo disco tutto da solo, e non glielo promosse nessuno, eppure glielo comprò mezza Irlanda, va a sapere per quale intuito musicale. Alla fine, qualcuno si convinse a investirci, e fece sfracelli in tutto il mondo. Lo paragonano soprattutto a Van Morrison, è un bravo songwriter pop, da allora ci marcia e infila solo canzoni piacevoli, e alcune belle.
David Gray è uno che se l’è meritata. Cresciuto in Galles, faceva il cantautore da un pezzo e non se ne accorgeva anima viva. A un certo punto si registrò un nuovo disco tutto da solo, e non glielo promosse nessuno, eppure glielo comprò mezza Irlanda, va a sapere per quale intuito musicale. Alla fine, qualcuno si convinse a investirci, e fece sfracelli in tutto il mondo. Lo paragonano soprattutto a Van Morrison, è un bravo songwriter pop, da allora ci marcia e infila solo canzoni piacevoli, e alcune belle.
Please forgive me
(White ladder, 1999)
“Please forgive me if I act a little strange, for I know not what I do”: le parole con cui Gray si presentò al grande pubblico escono dalla sua bocca con una specie di insistenza, di soddisfazione, sospinte. Fanno venire voglia di cantare. E anche di un unplugged, con meno fronzoli.
(White ladder, 1999)
“Please forgive me if I act a little strange, for I know not what I do”: le parole con cui Gray si presentò al grande pubblico escono dalla sua bocca con una specie di insistenza, di soddisfazione, sospinte. Fanno venire voglia di cantare. E anche di un unplugged, con meno fronzoli.
Babylon
(White ladder, 1999)
La canzonetta perfetta di David Gray: chitarra, sintetizzatori e batteria elettronica. E la sua voce. E quell’ottimismo solare raro nei cantautori suoi contemporanei, per cui alla fine tutto si risolve: hanno litigato, ma lui torna a casa, e lei è contenta.
(White ladder, 1999)
La canzonetta perfetta di David Gray: chitarra, sintetizzatori e batteria elettronica. E la sua voce. E quell’ottimismo solare raro nei cantautori suoi contemporanei, per cui alla fine tutto si risolve: hanno litigato, ma lui torna a casa, e lei è contenta.
This years love
(White ladder, 1999)
Dopo il successo, circolava questa battuta: che in Inghilterra ci fosse più gente che possedeva White ladder di quanta possedesse una vera scala (ladder). Il disco è il quindicesimo più venduto nella storia della musica britannica (primo è Sergeant Pepper). Questa è la ballatona sentimentale con il pianoforte, che dice che malgrado le briscole precedenti, questa sarà la volta buona.
(White ladder, 1999)
Dopo il successo, circolava questa battuta: che in Inghilterra ci fosse più gente che possedeva White ladder di quanta possedesse una vera scala (ladder). Il disco è il quindicesimo più venduto nella storia della musica britannica (primo è Sergeant Pepper). Questa è la ballatona sentimentale con il pianoforte, che dice che malgrado le briscole precedenti, questa sarà la volta buona.
Say hello wave goodbye
(White ladder, 1999)
Era già una stupenda canzone dei Soft Cell, a cui mancava di essere sottratta alla patina melodrammatica e un po’ kitsch propria degli arrangiamenti di quel tempo. Ci pensò David Gray. La rese acustica, solo lui, la chitarra e una base quasi trasparente, e la tirò in lungo per nove minuti. Il testo è stupendo, monologo di una storia borderline nata male e finita male, e dell’orgoglio di chiuderla. “Quanto a me, beh, troverò qualcuno che non si venda per poco. Una casalinga carina che mi offra una vita tranquilla e senza idee strane in testa”.
(White ladder, 1999)
Era già una stupenda canzone dei Soft Cell, a cui mancava di essere sottratta alla patina melodrammatica e un po’ kitsch propria degli arrangiamenti di quel tempo. Ci pensò David Gray. La rese acustica, solo lui, la chitarra e una base quasi trasparente, e la tirò in lungo per nove minuti. Il testo è stupendo, monologo di una storia borderline nata male e finita male, e dell’orgoglio di chiuderla. “Quanto a me, beh, troverò qualcuno che non si venda per poco. Una casalinga carina che mi offra una vita tranquilla e senza idee strane in testa”.
If your love is real
(Lost songs 95-98, 2001)
Fu pubblicata in una raccolta dopo il successo di White ladder. A differenza dei dischi successivi, aveva un arrangiamento minimo, la chitarra e la voce sospirata di Gray: “three days spent staring at your photograph...”.
(Lost songs 95-98, 2001)
Fu pubblicata in una raccolta dopo il successo di White ladder. A differenza dei dischi successivi, aveva un arrangiamento minimo, la chitarra e la voce sospirata di Gray: “three days spent staring at your photograph...”.
Be mine
(A new day at midnight, 2002)
Una specie di rap lento, con un testo da innamorati piuttosto banale (“notte o giorno, sole o pioggia”), ma il maestro di queste cose, Cole Porter, non avrebbe mai pensato di inserire tra le coppie antagoniste “centigrade or fahrenheit” né le due sobrie bestemmie “jumping jesus holy cow”.
(A new day at midnight, 2002)
Una specie di rap lento, con un testo da innamorati piuttosto banale (“notte o giorno, sole o pioggia”), ma il maestro di queste cose, Cole Porter, non avrebbe mai pensato di inserire tra le coppie antagoniste “centigrade or fahrenheit” né le due sobrie bestemmie “jumping jesus holy cow”.
The other side
(A new day at midnight, 2002)
Inizia che pare “Lo stambecco ferito” di Venditti, ma poi ci mette un po’ a guadagnare fascino. Ci vuole che parta la batteria elettronica e che la grave insistenza del pianoforte si faccia largo.
(A new day at midnight, 2002)
Inizia che pare “Lo stambecco ferito” di Venditti, ma poi ci mette un po’ a guadagnare fascino. Ci vuole che parta la batteria elettronica e che la grave insistenza del pianoforte si faccia largo.
Slow motion
(Life in slow motion, 2005)
A new day at midnight era stato un po’ una delusione, e forse troppa l’attesa. Il secondo disco dopo il boom di White ladder invece assestò le canzoni di David Gray su una maniera di grande talento. Sembrava ancora di averle già sentite, sì: però erano belle. Questa è anomala, inesorabile, con una strofa dai versi ripetuti – degli slogan – e al posto del ritornello una specie di coro canticchiato dallo stesso Gray. Bella, appunto.
(Life in slow motion, 2005)
A new day at midnight era stato un po’ una delusione, e forse troppa l’attesa. Il secondo disco dopo il boom di White ladder invece assestò le canzoni di David Gray su una maniera di grande talento. Sembrava ancora di averle già sentite, sì: però erano belle. Questa è anomala, inesorabile, con una strofa dai versi ripetuti – degli slogan – e al posto del ritornello una specie di coro canticchiato dallo stesso Gray. Bella, appunto.
Ain’t no love
(Life in slow motion, 2005)
Qui è Neil Diamond, un casino. Nella voce e nel modo di cantare. La strofa è ancora una specie di rap gallese, di frasi precipitate: “onwintertreesthefruitofràinishangingtremblinginthebrànches”. In concerto, Gray la presenta come “un inno all’assenza di Dio”, ma è un inno che fa i conti con il senso di vuoto conseguente.
(Life in slow motion, 2005)
Qui è Neil Diamond, un casino. Nella voce e nel modo di cantare. La strofa è ancora una specie di rap gallese, di frasi precipitate: “onwintertreesthefruitofràinishangingtremblinginthebrànches”. In concerto, Gray la presenta come “un inno all’assenza di Dio”, ma è un inno che fa i conti con il senso di vuoto conseguente.
Hospital food
(Life in slow motion, 2005)
Quello che mancava nel disco precedente, tra l’altro, era la popsong da classifica, alla “Babylon”. Eccola qua. Il cibo da ospedale è la sbobba che il mondo e in particolare i media ci rifilano ogni giorno, e che ci mangiamo, rincoglioniti: “ditemi qualcosa che non sappia già”. Arrivò solo al trentaquattresimo posto nei singoli (il cd era stato al numero uno due settimane), ma quando fa “tell me something...” è fantastica.
(Life in slow motion, 2005)
Quello che mancava nel disco precedente, tra l’altro, era la popsong da classifica, alla “Babylon”. Eccola qua. Il cibo da ospedale è la sbobba che il mondo e in particolare i media ci rifilano ogni giorno, e che ci mangiamo, rincoglioniti: “ditemi qualcosa che non sappia già”. Arrivò solo al trentaquattresimo posto nei singoli (il cd era stato al numero uno due settimane), ma quando fa “tell me something...” è fantastica.
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