La musica che gira intorno

Voi pensate a una canzone, tipo "All by myself" di Eric Carmen. Ve la ricordate? Era quella melassa formidabile degli anni Settanta di cui non ci siamo più liberati a ogni occasione buona, una specie di “notte alta e sono sveglio” degli americani (il che la dice lunga sulle proporzioni artistiche tra noi e gli americani) che citava Rachmaninov.

E vi viene in mente quell’altra citazione classica, quella della Patetica di Beethoven nella melensa "This night" di Billy Joel. Oppure Coolio che in "C u when you get there" rifà rap le reiterazioni del Canone di Pachelbel.

E di violini e orchestre in violini e orchestre vi ricordate di Music di John Miles, capolavoro barocco del pop di trent’anni fa a cui "Winding me up" di Alan Parsons è lontanamente paragonabile.

Beh, e vogliamo parlare della versione lunga, sontuosa, di "MacArthur Park" di Donna Summer, la "MacArthur Park suite"? Della "Don’t let me be misunderstood" lunga dei Santa Esmeralda che Tarantino ha poi ripescato per la colonna sonora di Kill Bill? O dell’attacco di archi della versione lunga di "The power of love" dei Frankie Goes to Hollywood?

Ma anche la mediocre "I want your sex" di George Michael, quando poi la allungano e la rilassano, ne combina delle belle. Che le canzonette sono brevi, e spesso danno il meglio con quel che vi si appiccica per allungare: l’introduzione nella versione extended di "Smalltown boy" deiBronski Beat, la coda liberatoria di "Layla" di Eric Clapton o quella di "Sultans of swing" che i Dire Straits facevano solo dal vivo, col sassofono che uàu. E quando scopriste che nel cd c’era un’intro meravigliosa di "Your latest trick" dei Dire Straits che nel vinile non c’era?

Beh, e gli ultimi tre minuti di pianoforte nello "Stambecco ferito" di Venditti? E allora – non è una coda, no – ma vi viene in mente il momento straordinario in cui Jackson Browne passa da "The load-out" a "Stay", dove dice al pubblico “people stay, just a little bit longer…”. E poi l’entrata di "Afterglow" nel medley finale del live dei Genesis, quello post Peter Gabriel.

Voi pensate ad "All by myself" alla radio che ascoltavate da bambini. Che per annunciare cosa facevano al cinema, mettevano in sottofondo "Us and them" dei Pink Floyd, ma usavano anche un sacco "Falcon" della Rah Band e il tema di Shaft di Isaac Hayes.

Voi pensate a una canzone.


& All by myself | Eric Carmen
(Eric Carmen, 1975)
Per quelli che da ragazzi trovavano la musica classica “da vecchi”, fu una rivelazione scoprire che il passaggio chiave nella stupenda e supermelensa "All by myself" era di Rachmaninov, veniva da Concerto per pianoforte n.2, del 1901.
When I was young,
I never needed anyone
And making love was just for fun
Those days are gone

& This night | Billy Joel
(An innocent man, 1983)
Parte del brano è basata sul Secondo movimento della Sonata per pianoforte n. 8 (Patetica) di Ludwig van Beethoven (1798), che è anche accreditato tra gli autori.

& C u when you get there | Coolio
(My soul, 1997)
Coolio rifà rap le reiterazioni del Canone e giga in re maggiore di Johann Pachelbel, del 1653.

Music | John Miles
(Rebel, 1976)
Capolavoro barocco del pop di quarant’anni fa.

Winding me up | The Alan Parsons Project
(Eve, 1979)
Questa è fantastica. Suono di carica del carillon, carillon, strofa precipitosa e ritornello leggero, estivo. E poi la madre di tutti gli assoli strumentali dell’Alan Parsons Project, con il tema ripetuto in arrangiamenti crescenti: archi, flauti, pianoforte, fiati.

MacArthur Park suite | Donna Summer
(Live and More, 1978)
Formidabile supermix costruito intorno alla cover di "MacArthur Park" (scritta da Jimmy Webb nel 1968) con l’aggiunta di "One of a kind" e "Heaven knows". Diciassette minuti. MacArthur Park è a Los Angeles, per i feticisti.

MacArthur Park | Jimmy Webb
(1967)

& Don’t let me be misunderstood | Santa Esmeralda
(singolo, 1977)
Nel 1977 i Santa Esmeralda debuttarono con una versione disco di "Don’t let me be misunderstood", che saccheggiava l'arrangiamento dei The Animals ed aggiungeva ritmi ed elementi tipici della musica latino-americana. Nel 2003 la cover dei Santa Esmeralda acquistò nuova popolarità grazie al suo utilizzo nella scena finale del film Kill Bill Vol.1. Nel film infatti il duello fra la sposa e O-Ren Ishii è accompagnato da una lunga versione strumentale della canzone di oltre dieci minuti.

Don’t let me be misunderstood | The Animals
(singolo, 1965)

& The power of love | Frankie Goes To Hollywood
(Welcome to the pleasuredome, 1984) Appena uscito il doppio disco in cui erano stati inseriti i primi due singoli, fu pubblicato il terzo, di tutt’altro tenore. "The power of love" è un lento enfatico e orchestrale, di formidabile impatto cinematografico. Stavola niente sesso, niente violenza, e un’uscita alla vigilia di Natale: una mossa geniale quanto le precedenti. Nella versione di nove minuti e mezzo, del 12” c’erano un lungo prologo strumentale e un parlato di Holly Johnson preceduti da un attore che ricostruiva il breve monologo sdegnato del deejay Mike Read su "Relax" (“this record is absolutely obscene, I’m not going to play this record”).

I want your sex (Pts 1 & 2) | George Michael
(Faith, 1987)
Questa è un formidabile accrocchio dance, godibile solo nella versione di nove minuti (altrimenti perde moltissimo, ed è solo una canzoncina ripetitiva) che è all’altezza di certi spettacolari extended del tempo della disco, con fiati rhythm’n’blues e passaggi marvingayeani. Subì pesanti censure, malgrado sia un manifesto a favore della monogamia: “sex is best when it’s one-on-one”.

& Smalltown boy | Bronski Beat
(The age of consent, 1984)
Capolavoro pop, fece il botto nel 1984 con la voce formidabile di Jimi Somerville e la storia di persecuzioni di un giovane omosessuale inglese (il video rincarava indimenticabilmente la dose). La versione lunga ha tre minuti di prologo lento, imperdibili.

& Layla | Derek & The Dominos
(The History of Eric Clapton, 1972)
A quei tempi la band di Clapton si chiamava Derek and the Dominoes: si erano messi insieme dopo aver lavorato al primo disco di George Harrison. E Clapton era innamorato della moglie di George Harrison, Patti. Già. "Layla" (nome preso alla protagonista di un poema persiano) è lei, e non ne voleva sapere. E George Harrison era un grande amico di Clapton. Quindi dentro "Layla" c’è tutto questo tormento, che produce uno dei più grandi riff di chitarra della storia (creato da Duane Allman degli Allman Brothers) e la geniale invenzione della coda di pianoforte. Come se non bastasse, degli esecutori della canzone uno morì di lì a un anno, uno dieci anni dopo, e uno fu arrestato per omicidio. E Clapton passò un lungo periodo fulminato dall’eroina. Aspettate: nove anni dopo Patti ed Eric si sposarono (si separarono dopo altri nove anni, quando lui si mise con Lory del Santo). George Harrison suonò al matrimonio. Passò altro tempo, "Layla" finì sui titoli di coda di Goodfellas, e la canzone rinacque nuova, addomesticata e blues nel disco dal vivo Unplugged.

Nel 2004 la rivista Rolling Stone ha classificato questo brano al #27 della classifica 500 Greatest Songs of All Time.

& Sultans of swing | Dire Straits
(Dire Straits, 1978)
Fece un inatteso botto alcuni mesi dopo l’uscita del primo disco dei Dire Straits. Non ha la forma di regina delle classifiche, il ritornello praticamente non esiste, e ha un andamento monotono, ripetitivo e segnato solo dall’invadenza delle chitarre. Cose che, grazie al cielo, capitano. Negli anni, Knopfler si è divertito parecchio con l’assolo, che con la coda di pianoforte e sassofono, dura dieci minuti e passa.

Your latest trick | Dire Straits
(Brothers in arms, 1985)
Bel-lis-si-ma. Paraculissima, ruffiana, jazzata da intorto. Bel-lis-si-ma, sì. Imperdibile il prologo col sax, che su alcune versioni del vinile mancava. E come suona caramella in bocca “like a bowery-bum when he finally understand”.

Lo stambecco ferito | Antonello Venditti
(Lilly, 1975)
Dieci minuti, una storia, una suite. Il passaggio di pianoforte è all’altezza di Keith Jarrett. Bracconieri, soldi in Svizzera, allegorie, e stambecchi. «Mi ricordo che nello stadio di San Siro nel ’92, in uno stadio che aveva voglia di cantare, di essere felice, di far caciara, ho cantato Lo stambecco ferito. A volte sentire 70 mila persone ammutolire è più importante che sentirle applaudire».

& The load out / Stay | Jackson Browne
(Running on empty, 1977)
Duetto perfetto, che chiude e riassume la raccolta di registrazioni live che si chiamò Running on empty. Prima viene un fantastico racconto di vita in tournée (“dobbiamo guidare tutta la notte per uno show a Chicago, o a Detroit, chi si ricorda…”), e poi senza soluzione di continuità si sfocia nella cover di una deliziosa canzonetta degli anni Sessanta scritta da Maurice Williams, cantautore soul, a soli 13 anni. In cui Williams insisteva perché la sua fidanzatina rimanesse ancora un po’ con lui: Browne invece rivolge la preghiera al suo pubblico, parafrasando i passaggi opportuni. Con divertissements vocali e un classicissimo giro di chitarra (quello di "La gatta") a mandare tutti a casa.

Afterglow | Genesis
(Wind and wuthering, 1976) Il più bel pezzo dei Genesis post-Gabriel, straordinaria canzone conclusiva nel suono e nel testo (“come la polvere che mi si deposita attorno, devo trovare una nuova casa”), scritta da Tony Banks e amata anche dagli orfani inconsolabili di Peter Gabriel. In Three sides live Phil Collins la canta a squarciagola, travolgentemente – “oh, but I will search everywhere, just to hear your call!” – e conclude a far casino con la batteria.

Us and them | Pink Floyd
(The dark side of the moon, 1973) Noi e loro, i buoni e i cattivi, lo scontro di civiltá, la riga in mezzo: era tutto giá detto, in quest’altra cosa unica e leggendaria da The dark side of the moon.

Falcon | RAH band
(1980)
Mitico pezzone strumentale buono per mille sigle e sottofondi radiofonici nei primi anni Ottanta. Era un produttore inglese, Richard Anthony Hewson (lavorò coi Beatles, i Supertramp, Diana Ross, solo a dirne tre), e diede le sue iniziali al progetto.

Theme from Shaft | Isaac Hayes
(Shaft, 1971)
Isaac Hayes ne ha fatte parecchie, dal cantante, all’attore (era il Duca in 1997, Fuga da New York), al sostenitore di Scientology, alla voce di Chef in South Park. Ma soprattutto ha vinto un Oscar per un pezzo funkissimo e mitologico, scritto per la colonna sonora di Shaft.

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