Dammi solo un minuto e mezzo

Una playlist molto corta: tutte le canzoni - bellissime - sono sotto i novanta secondi.

Not for sale | Coco Rosie
(La maison de mon rêve, 2004)
Due sorelle americane, mezze Cherokee, trasferite a Parigi per questo disco e poi rientrate a Brooklyn: Bianca e Sierra Casady. Il disco lo fecero per scherzo, con strani suoni e nenie infantili, e diventò di culto: “You can leave me on the corner where you found me, I’m not for sale anymore”. Finita.

Guide vocal | Genesis
(Duke, 1980)br> Un minuto e venti stupendi, scritti da Tony Banks. “Io sono quello che vi ha guidato fin qui: tutto quello che sapete e tutto quello che temete. Nessuno deve conoscere il mio nome, perché nessuno capirebbe: e voi uccidete quello di cui avete paura. Vi ho chiamato perché devo andare, adesso siete da soli, fino alla fine. C’era una scelta, ma ormai è perduta. Ve l’avevo detto che non avreste capito, prendete le vostre cose, e siate dannati”. Il tema è ripreso con tutt’altro ritmo e arrangiamento (come altre melodie del disco) nella consuntiva “Duke’s travels”: gran parte del disco Duke è una specie di concept – con legami e relazioni interne – anche se il concept non è chiarissimo.

New obsession | Silent League
(The orchestra, sadly, has refused, 2004)
“When I listen to the radio...”. I Silent league sono quello che nel settore viene chiamato “side project”: una band formata da gente che ha altro da fare, di solito, con altre bands. C’è qualcuno dei Mercury Rev, qualcuno degli Interpol, e altri di gruppi ancora meno noti; e fanno base a Brooklyn. Il loro primo disco aveva un bel titolo – The orchestra, sadly, has refused – e mescolava prodigi pop beatlesiani a orchestrazioni da camera.

Stop | Pink Floyd
(The wall, 1979)
Siamo alla resa dei conti, alla fine di The wall.

Till the morning comes | Neil Young
(After the gold rush, 1970)
“Sto solo aspettando che arrivi il mattino, parapapà-papà”. Il pianoforte lo suona Jack Nitzsche, autore tra l’altro della colonna sonora di Qualcuno volò sul nido del cuculo.

I don’t want to play football | Belle and Sebastian
(Storytelling, 2002)
“Non voglio giocare a calcio. Non capisco le regole del gioco. Non voglio giocare a calcio. Non capisco che gusto ci sia a correre, tirare, parare, prendere ordini da un cretino, grattarsi le palle sudate, prendere botte da gente che non conosco. Tesoro, preferisco altri giochi: le ragazze sanno giocare bene quanto i maschi”. Il tutto in meno di un minuto di canzone.

Walkaways | Counting Crows
(Recovering the satellites, 1996)
“Devo correre via, disse”. Appena un minuto e dodici, perfetti, voce e chitarra. “Un giorno o l’altro mi fermo, ma non oggi”.

Tea for the tillerman | Cat Stevens
(Tea for the tillerman, 1970)
“Mentre i peccatori peccano, i bambini giocano” è un verso di diplomazia salomonica e gran rispetto per la convivenza.

White car | Yes
(Drama, 1980)
Prima di venire assunti negli Yes, Trevor Horn e Geoff Downes erano stati i Buggles, e avevano rovesciato il mondo con "Video killed the radio stars”. Ignote al mondo, esistono alcune altre canzoni dei Buggles: una si chiama “Elstree” e malgrado l’arrangiamento kitschissimo ha un refrain fantastico. Da questa o quella costola di altre cose dei Buggles vennero poi due pezzi registrati dagli Yes in Drama (l’abbozzo delle altre tracce risaliva ancora ai tempi di Jon Anderson): la lunga “Into the lens” e la brevissima “White car”, che faceva da introduzione a “Does it really happen?”.

Bookends theme | Simon and Garfunkel
(Bookends, 1968)
Time it was, and what a time it was...

La dernière minute | Carla Bruni
(Quelqu’un m’a dit, 2003)
Il bel disco di Carla Bruni del 2003 si chiudeva con una trovata spiritosa e poetica insieme: la richiesta a chi ascolta di “un ultimo minuto”, che dura un minuto esatto, scandita dal ticchettio di un metronomo. «È il metronomo di mio padre. L’idea viene dalla storia di quella contessa parigina a cui durante il Terrore fu chiesto se aveva un ultimo desiderio prima della ghigliottina, e lei rispose “ancora un minuto, signor boia”».

Bang | Frankie Goes to Hollywood
(Welcome to the pleasuredome, 1984)
È solo il minuto di celestiale cascata di campanelli (roba di tastiere elettroniche) che chiude il sipario di Welcome to the pleasuredome. Fu ripresa dalla chiusa di “Ferry cross the Mersey” e ci fu aggiunta la battuta: “Frankie says: no more”.

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