Una città per cantare

Intendiamoci: queste sono “belle” canzoni dedicate a città , che se no ci stava anche "Firenze Santa Maria Novella" di Pupo o, a far posto a una donna, "Alghero" di Giuni Russo.

Genova per noi | Paolo Conte
(Paolo Conte, 1975)
Un’intera e rinomata generazione di cantautori genovesi non ha raccontato la città quanto una sola canzone, mitologica quanto le espressioni che ha inventato e incastonato nella lingua nazionale: "con quella faccia un po’ così", "il sole è un lampo giallo", "quel mare scuro che si muove anche di notte".

Rimini | Fabrizio De André
(Rimini, 1978)
Canzone di aborti: quello di Teresa, ragazza riminese che era stata messa incinta dal bagnino e che pensa il suo amore sia vittima di persecuzioni politiche, e quello di Colombo, che non ha saputo far nascere l’America, "macellata su una croce di legno".
Non regalate terre promesse a chi non le mantiene

Rimini | Les Wampas
(Rock'n'Roll Part 9, 2006)
Omaggio dei Les Wampasì, gruppo punk rock francese, al ciclista Marco Pantani, morto per overdose in un hotel della riviera romagnola dopo alcuni anni di sbandamento. "Ma che ti ha preso per andare a morire proprio a Rimini?!?".
Le soir quand l'Italie est triste Elle ressemble à Rimini.(...) Oui à côté de Rimini, même Palavas a l'air sexy Car à côté de Rimini, La Grande-Motte ressemble à Venise

Riccione | Thegiornalisti
(singolo, 2017)
Canzone scritta da Tommaso Paradiso, che con le sonorità vintage anni ottanta e, allo stesso tempo, contemporanee che caratterizzano i Thegiornalisti, racconta immagini e sensazioni di un'estate senza tempo.

Milano e Vincenzo | Alberto Fortis
(Alberto Fortis, 1979)
Quando arrivò "Milano e Vincenzo", ancora me la ricordo. Non è che ne uscissero spesso di canzoni in cui il refrain era una minaccia personale, un’apologia di reato, e uno sdoganamento dell’omicidio; e il testo una dichiarazione d’amore rivoluzionaria per la città più detestata d’Italia. Vincenzo era Vincenzo Micocci, già agente di De Gregori e di molti altri.

Milano | Lucio Dalla
(Lucio Dalla, 1979)
Milano a portata di mano
ti fa una domanda in tedesco
e ti risponde in siciliano
poi Milan e Benfica

Innamorati a Milano | Ornella Vanoni
(singolo, 1966)
Canzone scritta da Alberto Testa e Memo Remigi e cantata da Ornella Vanoni nel 1966. Descrive l’amore di due innamorati nella città che sembrerebbe la meno romantica: “senza fiori, senza verde, senza cielo, senza niente… tra la gente, tanta gente.”

Bologna è una regola | Luca Carboni
(Pop-up, 2015)
Ballata electro-pop dalla vena malinconica. Carboni ha dichiarato: «È una canzone sulla magia e l'inquietudine della mia città. Magia che alla fine non si riesce mai a spiegare con la ragione o con le parole e rimane sempre un mistero. Un mistero che si intreccia con il destino di tanti ragazzi che qui ci nascono, ci vivono, diventano uomini e tanti altri che qui, invece, ci arrivano per l'università.»

Bologna | Francesco Guccini
(Metropolis, 1981)
Con i luoghi comuni va a finire spesso così: che erano veri. “Bologna” celebra tutti i luoghi comuni su Bologna, e li conferma e legittima.

Venezia | Francesco Guccini
(Metropolis, 1981)
"Stefania era bella, Stefania non stava mai male". Bellissima, triste, umida. Bellissima. Diversamente dalla gemella "Bologna", qui prevale la storia di Stefania su quella della città, ma anche questa è raccontata meravigliosamente: "La dolce ossessione degli ultimi suoi giorni tristi, Venezia la vende ai turisti". E il verso terribile sul respiro che quasi inciampava nei denti.

Napul’è | Pino Daniele
(Terra mia, 1977)
“’Na tazzulella ‘e cafè” è il lato B – the dark side of the moon – del 45 giri, e di Napoli. Il lato A è una cosa che sbaraglia tutta la retorica ‘o- sole-mio-eccetera, senza arretrare di un millimetro dalla linea della canzone sentimentale e commovente, e napoletana: il più bel pezzo che sia mai stato scritto per una città, più di “New York state of mind” di Billy Joel.

A Naples il y a | Vincent Delerm
(Les piqûres d'araignée, 2006)
J'ai conservé sur moi
le souvenir d'un soir
où tu disaisA Naples il y a
peu d'endroits pour s'asseoir

Roma-Bangkok | Baby K. ft. Giusy Ferreri
(Kiss kiss bang bang, 2015)
Brano caratterizzato da influenze dancehall, reggae ed elettropop. Riguardo al testo, Baby K ha spiegato: «Racconta la mappa geografica della mia vita: Londra, Roma ed estremo Oriente, infatti, sono i posti in cui ho vissuto, che mi porto dentro ancora oggi e che, attraverso questa musica, riesco a rivivere. Considero questa canzone un inno all'estate e alla voglia di divertirsi.»

Roma capoccia | Antonello Venditti
(Theorius Campus, 1972)
Poesia vera. In romanesco. Potrà sembrare una contraddizione, a quelli che giustamente non hanno mai sopportato il fenomeno della poesia vernacolare, ma così è. Una canzone che ha generato una mezza dozzina di espressioni di culto, da “der monno ’nfame” a “e so’ piu’ vivo e so’ più bbono” a “li passeracci so’ usignoli”. E lui aveva 14 anni: molto tempo dopo sarebbe approdato a “mi chiamo Laura e sono laureata”.

Modena | Antonello Venditti
(Buona domenica, 1979)
Con le nostre famose facce idiote, eccoci qui. Con i nostri sorrisi tristi, a parlarci ancora di noi
“Modena” è bellissima. Non so di cosa parli, davvero, o fingo di non saperlo. Alcune cose sono ovvie, e commoventi («Quella canzone segnava la mia personale rottura, nel 1980, con il Pci. La scrissi sull’onda della delusione di leggere in testa alla brochure della Festa nazionale dell’Unità la scritta “Coca Cola presenta”» (da un’intervista di Carlo Moretti). Altre cose restano misteriose, e commoventi. Cioè, so di cosa parla, a me. E poi c’è quell’invenzione del sassofono di Gato Barbieri, che sta a “Modena” come quello di Danilo Tomasetta sta a “Ho visto anche degli zingari felici”. Buona domenica, l’ellepì, uscì nel 1979: quarantuno anni fa.
Ma cos’è questa nuova paura che ho? Ma cos’è questa voglia di uscire e andare via?
Da quarantuno anni, non posso passare dall’uscita di Modena senza pensare che la nostra vita è Coca Cola, fredda nella gola.

Verona beat | Gatti di vicolo Miracoli
(singolo, 1980)
Da giovani, Calà, Smaila e gli altri due fecero questa canzoncina sulla loro città, su quando erano ancora più giovani. Raccontano degli anni Sessanta, che a Verona c’era una vivace scena musicale, si sentiva l’Equipe 84 e si partecipava a uno sciopero per il Bangladesh: ma dopo un’ora si era rimasti in tre (viene da chiedersi quale dei quattro se ne fosse andato: io dico che era Smaila).

Sweet home Chicago | The Blues Brothers
(The Blues Brothers, 1980)
Famosa canzone popolare blues, riprende in parte la melodia di uno dei brani blues più noti, "Baby please don't go" cantato da Big Joe Williams nel 1935 e ripreso tra gli altri da Muddy Waters e dai Them di Van Morrison. Una cover del brano fu realizzata da Eric Clapton.

Chicago | Graham Nash
(Four way street, 1971)
Dedicata ai tumulti sessantottini di Chicago durante la convention del Partito Democratico, e al processo conseguente, invita i soci della band a tornare in città a protestare: “won’t you please come to Chicago just to sing”. Fu incisa prima nel doppio live Four way street (con l’ironica dedica al sindaco Daley), e poi registrata in studio nel disco di Nash Songs for beginners.

Chicago | Sufjan Stevens
(Illinois, 2005)
Non è in effetti un pezzo su Chicago, ma piuttosto un’epica personale e dolente, che racconta di una fuga di casa, una fuga da Chicago e dalla famiglia in furgone. Per raccontare la tua città e il rapporto che ti ci lega, parti da quella volta che la odiavi per forza di cose. Tanto poi tutto passa: "All things go". Chapeau. Ce ne sono altri tre arrangiamenti su The Avalanche, tutti ottimi.

Jacksonville | Sufjan Stevens
(Illinois, 2005)

Oh Detroit, lift up your weary head! (Rebuild! Restore! Reconsider!) | Sufjan Stevens
(Michigan, 2003)
La capitale del soul e dei motori, la Motown in tutti i sensi, raccontata come la potrebbe raccontare un ossessivo che legge l’enciclopedia. “Un tempo bel posto, ora prigione”: e poi qualche banalità e un elenco di nomi che comprende Henry Ford, la Pontiac e il wolverine, cioè il grosso mammifero unghiato che dà il nome al personaggio Marvel. Per la cronaca (e soprattutto per i nostalgici del progressive), la canzone è in nove ottavi.

Panic in Detroit | David Bowie
(Aladdin sane, 1973)
Il migliore pezzo rock di Bowie, con quell’attacco tostissimo e il tipo che “somiglia un sacco a Che Guevara e guida un furgone diesel”. Tesa e apocalittica, fu ispirata dai racconti di Iggy Pop sui tumulti di Detroit alla fine degli anni Sessanta.

AA. Philadelphia | Neil Young
(Philadelphia, 1993)
Per una dozzina d’anni Neil Young si perse. Sperimentò cose bislacche, fece musica mediocre: si perse. Poi gli fu chiesta la canzone sui titoli di testa di Philadelphia, e gli venne bellissima, e però andò sui titoli di coda. Il regista Jonathan Demme spiega: «Volevo un bel pezzone di Neil Young, con la chitarra, per rilassare gli omofobi in sala, e far loro pensare “ok, c’è Neil Young, è un film affidabile”. Volevo una specie di “Southern man”. Arrivò questo nastro e mia moglie e io avevamo le lacrime agli occhi. Non era un pezzone rock, era la canzone perfetta per mandare la gente a casa. Ci chiudemmo il film».

Streets of Philadelphia | Bruce Springsteen
(Philadelphia, 1994)
Era la canzone di apertura del film di Jonathan Demme, Philadelphia, che uscì a Natale e vinse l’Oscar nel 1994, battendo "Philadelphia" di Neil Young, che era sui titoli di coda nello stesso film (bella gara: ma quella di Neil Young è più bella).

Miami 2017 (Seen the lights go out on Broadway) | Billy Joel
(Turnstiles, 1976)
Una specie di Fuga da New York. Il disco del ritorno in città dopo un periodo californiano – aperto da “Say goodbye to Hollywood” – si chiude con una fantasia di fine del mondo sulla città. La Miami del titolo è la città dove ha trovato rifugio il narratore dopo la distruzione di New York. La versione migliore è quella che introduce il bellissimo disco dal vivo che si chiama Songs in the attic. La canzone assunse un significato inquietante e rinnovato nei giorni dopo l’11 settembre (“I saw the Empire State laid low”): Joel la cantò al famoso concertone benefico del Madison Square Garden, assieme a “New York state of mind”.

New York state of mind | Billy Joel
(Turnstiles, 1976)
Altro che la città che non dorme mai e tutte quelle fregnacce. La poesia migliore su New York è que-sta, scritta da uno che è-la-sua-città, scritta in un periodo in cui ci era appena tornato dopo tre anni dall’altra parte (“seen all the movie stars”). Pochi fuochi d’artificio, e invece un gran pianoforte, un autobus sulla linea dell’Hudson, il New York Times, Chinatown, e la città vera.

I love L.A. | Randy Newman
(Trouble in paradise, 1983)
Anche qui c’era dell’ironia, nel cantare l’odio per New York e Chicago e l’amore per le bellezze di Los Angeles (ragazze, Beach Boys, autostrade e “tutti sono così felici perché c’è sempre il sole”). Ma l’ironia si perse e “I love L.A.” diventò un discreto successo, soprattutto come inno olimpico e della squadra dei Lakers.

New York City boy | Pet Shop Boys
(Nightlife, 1999)
A forza di ammirare e imitare i Village People, i Pet Shop Boys divennero i Village People: quasi più Village People degli originali.
So young, so wrong, it’s New York city!

Leaving New York | REM
(Around the sun, 2004)
Un’altra canzone scritta dall’aeroplano, questa volta sulla costa opposta rispetto a “Electrolite”: dedicata alla seconda città di adozione di Michael Stipe, con un attacco del refrain stupendo: “you might have laughed if I told you...”.

New York City serenade | Bruce Springsteen
(The wild, the innocent and the E street shuffle, 1973)
Sensazionale introduzione di pianoforte e un pezzone che parte languidissimo e poi diventa una specie di suite di dieci minuti.

New York, New York | Liza Minnelli
New York, New York
I want to wake up in that city
that never sleeps
and find I'm king of the hill

San Francisco | Village People
(San Francisco, 1977)
Celebrazione della città dove si poteva tutto, ai tempi in cui si poteva tutto, prima che arrivasse l’apocalisse a rinchiudere tutti in casa.

San Francisco (Be sure to wear flowers in your hair) | Scott McKenzie
(singolo, 1967)
Canzone pubblicata nel giugno del 1967 per promuovere il Festival di Monterey, fu subito una hit. Il testo diceva "Se stai andando a San Francisco, sii sicuro di avere qualche fiore tra i capelli"). La canzone è apparsa in molti film, tra i quali Il laureato e Forrest Gump.

San Diego serenade | Tom Waits
(The heart of saturday night, 1974)
Tom Waits che si traveste da Billy Joel. «Parla di una ragazza, tanto tempo fa. Ero pazzo di lei. Anche suo marito». E anche: «L’ho scritta pensando a Ray Charles, pensando che gli sarebbe piaciuto cantarla. Non so perché. Non l’ho mai conosciuto».

Walking in Memphis | Marc Cohen
(Marc Cohen, 1991)
Saw the ghost of Elvis on Union Avenue
Followed him up to the gates of Graceland
Then I watched him walk right through
Now security they did not see him
Anche Cher ne ha fatto una cover.

Parigi | Paolo Conte
(Paris milonga, 1981)
«Ci sono due amanti che si incontrano e rapidamente finiscono in un piccolo hotel, e tutto si raccoglie intorno alla frase: "intorno è solo pioggia, pioggia, pioggia e Francia". Mentre a me italiano è piaciuta questa frase quando l’ho scritta, mi suonava bene (perché la Francia è, per me italiano, l’estero), quando ho avuto la possibilità di soffermarmi su una traduzione in francese perché un francese la cantasse, mi sono accorto che al traduttore dava fastidio pronunciarla, così come a me avrebbe dato fastidio dire “pioggia, pioggia, pioggia e Italia”. Ho provato a dire al traduttore: e se dicessi “intorno è solo pioggia, pioggia, pioggia e Olanda”? – Risposta: sì, sì, va benissimo».

Paris | The Chainsmokers
(Memories ... do not open, 2017)
We were staying in Paris
To get away from your parents

Paris latino | Bandolero
(singolo, 1983)
Brano disco-funk-rap che ebbe un grande successo in Europa all'epoca. Il testo è un miscuglio di francese, spagnolo e inglese.

San Tropez | Pink Floyd
(Meddle, 1971)
"San Tropez" (scritto san) è una canzone di Roger Waters, con un andamento tra Burt Bacharach e gli Steely Dan. Una leggenda a lungo tramandata vuole che un verso dica "making a day for Rita Pavone", cosa di cui si era vantata anche l’interessata. In realtà è "making a date for later by phone".

Deauville sans Trintignant | Vincent Delerm
(Vincent Delerm, 2002)
Elle repense à ce film
Qui se passe à Deauville
C'est un peu décevant
Deauville sans Trintignant

Evreux | Vincent Delerm
(Kensington Square, 2004)
Vincent Delerm è un cantautore francese (tra i miei preferiti), figlio dello scrittore Philippe Delerm, l'autore di La prima sorsata di birra e altri piccoli piaceri della vita. Vincent Delerm è nato a Evreux.

Vienna | Ultravox
(Vienna, 1980)
"Vienna" fu una strepitosa invenzione degli Ultravox, una canzone marziale, strana abbastanza da affascinare mezza Europa e rendere riconoscibile la band. Elettronica e gravità notturne, vistose affinità estetiche con il film Il terzo uomo, vera new wave, il canto appassionato di Midge Ure“this means nothing to me!” – a celebrare miti e decadenze della città.

Budapest | George Ezra
(Wanted on voyage, 2014)

Barcelona | George Ezra
(Wanted on voyage, 2014)

Lugano addio | Ivan Graziani
(I lupi, 1977)
«Si tratta di una storia abbastanza semplice di un ragazzo del sul e di una ragazza del nord, chiaramente si innamorano il che è una cosa normalissima, ma si innamora sopratutto di quello che lei rappresenta cioè quello che è il mondo, che è totalmente diverso dal suo.» Cosi diceva Ivan in un documentario della Rai, presentando il brano. Nel brano viene citata "Addio a Lugano", una popolare canzone anarchica scritta da Pietro Gori nel gennaio 1895.

Firenze - Canzone triste | Ivan Graziani
(Viaggi e intemperie, 1980)
Storia d’amore sfortunata ruotante intorno a tre personaggi che vivono in una città non loro per ragioni di studio. La ballata si dipana in un continuo dialogo tra il soggetto narrante e il Barbarossa, soprannome dello studente di filosofia irlandese, rimasti senza la donna contesa, dal momento in cui lei getta nell'Arno i suoi disegni con l’intenzione di tornarsene a casa sua. E quando anche il Barbarossa se ne tornerà in Irlanda con la sua laurea in filosofia, non ci sarà davvero più nessuno a parlargli di lei, come se non fosse mai esistita.

Lei, lui, Firenze | Brunori Sas
(Poveri Cristi vol.2, 2011)
Ancora Firenze, ancora una cosa a tre: la città, lui e lei.

Playlist


Brani citati


Altri brani, non su Spotify

AA. Philadelphia | Neil Young