Get on the dancefloor

Grandi canzoni buone per ogni festa.

& Smalltown boy | Bronski Beat
(The age of consent, 1984)
Capolavoro pop, fece il botto nel 1984 con la voce formidabile di Jimi Somerville e la storia di persecuzioni di un giovane omosessuale inglese (il video rincarava indimenticabilmente la dose). La versione lunga ha tre minuti di prologo lento, imperdibili.

Loaded | Primal Scream
(Screamadelica, 1991)
“Just what is it that you want to do? We wanna get loaded and have a good time. We wanna have a party (yeah!). That’s what we wanna do”. Gran serie di invenzioni dovute al lavoro di Andrew Weatherhall: l’attacco di Peter Fonda che dice di voler solo strafarsi e godersela (tratto dal film I selvaggi), i fiati, il coro gospel, la schitarrata. Ne uscirono diversi remix altrettanto fantasiosi (uno con cornamuse, notevole).

Tainted love | Soft Cell
(Non-stop erotic cabaret, 1981)
“Amore contaminato” in origine lo cantava Gloria Jones, moglie di Marc Bolan e alla guida nell’incidente in cui lui morì: direi amore letale più che contaminato ... . In un ipotetico museo musicale stanno senz’altro le due note su cui è sostenuta tutta “Tainted Love”, difficile trovare un altro caso in cui due sole note, appunto, siano così immediatamente riconoscibili. Il resto, vien da sé.

Frederick | Patti Smith
(Wave, 1979)
Per quelli che amano ballare il rock. Patti Smith la dedicò a suo marito Fred “Sonic” Smith, che morì poi d’infarto a 45 anni.

Ma il cielo è sempre più blu | Rino Gaetano
(Rino Gaetano, 1975)
Diciamocelo, "Gianna" non si può sopportare. Ma "Sfiorivano le viole" e "Ma il cielo è sempre più blu" sono grandissime (e lo sono musicalmente, non per quei cliché sul genio poetico surreale di Rino Gaetano).

Comfortably numb | Scissor Sisters
(Scissor Sisters, 2004)
Loro sono una band newyorkese piuttosto kitsch di grande successo negli ambienti gay (il nome viene da una posizione sessuale lesbica). Presero un drammatico pezzo di The Wall dei Pink Floyd, e ne fecero una cosa dance e sfrontata a metà tra i Bee Gees e i Pet Shop Boys.

Waterloo | ABBA
(Waterloo, 1974)
Adesso, a voler fare le persone serie, questa è l’unica grande canzone degli ABBA: è vero che ci vinsero l’Eurofestival, ma pensatela riarrangiata rock come merita (e non con quei miseri ritocchi che le diedero Doctor and the Medics), e mettetela in mano ai White Stripes.

Survivor | Mike Francis
(Let’s not talk about it, 1984)
Della dance italiana degli anni Ottanta si salvano qualcosa di Gazebo e "Survivor" di Mike Francis, che si chiamava Francesco Puccioni. Il resto, da P.Lion a Baltimora a Den Harrow, va bene al massimo per farsi quattro risate.

& Let me go | Heaven 17
(The luxury gap, 1983)
"Pà-putumpà-pum-pà-pumpatappà!" La canzone riempipista degli anni Ottanta, repertorio formidabile di invenzioni strumentali e melodiche. Non si sa cosa sia meglio: il coro "pà-putumpà-pum-pàpumpatappà"? Lo wah-wah in sottofondo? Il bridge daytime-nightime con i controcanti? Il trampolino prima del refrain got-to-gotto…? “Once-we-were-years-aheadbut-now-those-thoughts-are-deadlet-me-go”? Imperdibile la versione lunga. Nel 2006 i Nouvelle Vague ne hanno fatto una imprevedibile versione da piano bar.

A world celebration | Cunnie Williams
(A world celebration, 1999)
Lui è un nero di Los Angeles, ma ha trovato spazio in Germania e Francia nei primi anni del Duemila, con un vocione per cui spesso si cita Barry White, e con dei ritmi soul-dance un po’ retrò. "A world celebration" ha un giro di chitarra da Studio 54, e un fantastico remix di Mousse T.

Hey Joe | Willy DeVille
(Backstreets of desire, 1992)
Se la festa è sulla spiaggia, non c’è niente come la travolgente versione caraibica di "Hey Joe" fatta da Willy DeVille: quella che sta dentro il suo Live è meglio ancora di quella in Backstreets of desire.

Crazy in love | Beyoncé ft. Jaz-Z
(Dangerously in love, 2003)
Una roba da scuotere i muri, il più formidabile successo dance degli ultimi anni. Il poderoso campionamento di fiati viene da "Are you my woman" dei Chi-Lites. Quello che rappa è Jay-Z, marito della signora.

Come into my life | Gala
(Come into my life, 1997)
La techno-soft italiana degli anni Novanta (unz, unz, unz) ha avuto qualche bel momento, come questa invenzione del deejay Molella. “Su le braccia!”

Can’t take my eyes off you | Muse
(Dead star/In your world, 2003 EP)
La versione più celebre è quella dei Four Seasons di Frankie Valli, usata in Il cacciatore di Michael Cimino. Poi ce ne sono state mille covers: quella più precipuamente ballabile è dei Boys Town Gang, ma se volete spiazzare gli invitati provate quella rock e cattiva dei Muse.

The lifeboat party | Kid Creole & the Coconuts
(The lifeboat party, 1983)
Di solito ci si ricorda soprattutto delle vistose Coconuts, o di "Stool pigeon". "The Lifeboat Party" ha un ritmone per cui bisogna essere allenati e una sezione fiati strepitosa.

Edge of seventeen | Stevie Nicks
(Bella Donna, 1981)
In School of rock l’altrimenti algida preside Joan Cusack perde la testa solo quando ascolta "Edge of seventeen". E la si può capire.

AA. Hang on in there baby | Curiosity killed the cat
(Hang on in there baby, 1992)
La prima versione era di un famoso autore e produttore soul, Johnny Bristol, che la cantò nel 1974. La versione dei Curiosity – volatile popband inglese, che aveva Andy Warhol tra i suoi fans – ha più frizzi e lazzi.

You spin me round (like a record) | Dead or aliveA
(Youthquake, 1985)
Stock, Aitken e Waterman erano la gallina dalle uova d’oro del peggior dance-pop britannico. Ma nel genere “peggior dance-pop britannico” produssero alcuni tormentoni indimenticabili. Uno lo affidarono a un quartetto di imitatori di Boy George: e non te lo levi dalla testa.

Snobbery and decay | Act
(Snobbery and decay, 1988)
Gli Act durarono pochissimo, e così le loro le pretese estetico-culturali, tipiche delle band che giravano intorno alla ZTT, l’etichetta di Trevor Horn. Erano due, Thomas Leer e Claudia Brücken, che già aveva fatto cose originali con i Propaganda (cose tipo "P.Machinery" e "Duel". Il loro primo singolo, tonante, teatrale, è una pacchia.

Justified and ancient | KLF
(1991)
Anche i KLF avevano delle pretese artistico-situazioniste, e in Gran Bretagna li ricordano più per i casini che combinarono nelle loro apparizioni pubbliche che non per la musica. Il maggiore successo internazionale lo trovarono con l’evoluzione di un loro vecchio pezzo, in cui cooptarono a cantare la leggenda del country Tammy Wynette (quella di “Stand by your man”): un gran casino, tutto da ballare.

Playlist


Brani citati


Altri brani, non su Spotify

AA. Hang on in there baby | Curiosity killed the cat