James

(1982-2001, Manchester, Inghilterra)

I James erano di Manchester, facevano un pop un po’ rock e un rock un po’ pop, e all’inizio li avevano spacciati avventatamente per i nuovi Smiths. E in effetti i loro testi sono spesso altrettanto depressi: ma anche più criptici, e le musiche più robuste e diurne. In Inghilterra hanno mantenuto negli anni una solida base di fans e di attenzione dei critici, in America hanno venduto bene qualche singolo: quando il cantante Tim Booth si è stufato, hanno di fatto chiuso baracca.

Sit down
(Gold mother, 1990)
Il loro primo singolo di successo ha un suono pieno e ricco, da “big music” alla Waterboys. Tim Booth scrisse “Sit down” dopo aver letto i libri di Doris Lessing, che gli fecero capire di non essere solo nella sua depressione dei vent’anni. La prima uscita fu un fallimento, poi divenne di culto presso alcune discoteche inglesi dove nacque il costume di sedersi tutti per terra durante il refrain. Fu ripubblicata, a due anni di distanza e arrivò al numero due in classifica.
Quelli che sentono l’alito della tristezza, si siedano qui con me. Quelli che scoprono di essere toccati dalla follia, si siedano qui con me. Quelli che si trovano ridicoli, si siedano qui con me. Per amore, paura, odio e lacrime. Sedetevi qui con me.

Out to get you
(Laid, 1993)
Bel modo di cominciare un disco, piano piano, in crescendo, e nella mancanza di lei. “I’m so alone tonight...”, e un po’ alla volta entrano nuovi suoni, chitarra, basso, violino, batteria – “feel so small that they could step on you” – e il pezzo sale, sale, sale, “if you’d let me breathe”.

Sometimes (Lester Piggott)
(Laid, 1993)
Nel disco viene dopo “Out to get you”, e gli dà una scossa, come a dire “ok, fate spazio, siamo pronti: via!”. Gran chitarre, ritmone, e un coro gospel in fondo. Il sottotitolo – dedicato a un leggendario fantino inglese – si riferisce appunto all’andatura galoppante del pezzo. Laid fu prodotto da Brian Eno.

Lullaby
(Laid, 1993)
Un valzer, un racconto di abusi infantili che sembra un racconto di Chuck Pahlaniuk (e si chiama come un suo successivo romanzo):
In questo posto stregato, solo un senso di vergogna. Le finestre le hanno rotte i bambini e il vento urla per le scale, sbatte le porte e rovescia le sedie. Vorrei non fossimo nati con violenza.

Laid
(Laid, 1993)
This bed is on fire with passionate love
The neighbors complain about the noises above
But she only comes when she's on top

Tomorrow
(Whiplash, 1997)
Un pezzo del genere di “Sometimes”, con le chitarre caricate a mille, precipitose come il percorso del protagonista della canzone: “I... see you falling”.

Waltzing along
(Whiplash, 1997)
Ritmo alla Smiths dei giorni allegri, controcanti, e un bel cambio di tono sul refrain finale. Secondo il bassista Jim Glennie, invece, sembra un pezzo di Chris Rea (quello di “Josephine” e “On the beach”).

Strangers
(Millionaires, 1999)
Stupenda ballata di archi, dedicata a Qualcuno che ha lasciato un messaggio sulla sabbia: “Cercate di fare meglio che potete, questo mondo non è come lo avevo immaginato”. E che avrebbe bisogno di un buon amico, ma nessuno lo ascolta (parlano tutto il tempo): Lui è fuori dal mondo.

Hello
(Millionaires, 1999)
Ammaliante pezzo cinematografico e psichedelico in un suo modo minimale, che fu usato nella bellissima colonna sonora di Le conseguenze dell’amore.

Surprise
(Millionaires, 1999)
La sorpresa esposta è che non è ancora venuto il momento di togliersi la vita, e fu ispirata dalle disperazioni suicide di un amico di Booth.


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