Sigur Rós

(1994, Reykjavik, Islanda)

Quando saltarono fuori i Sigur Rós, nessuno aveva mai sentito una cosa del genere. Sono islandesi, e fanno cose di gorgheggi, falsetti, archi, frastuoni repentini, e suoni che vengono di solito associati – per un banale tic geografico – a panorami glaciali e disumani. Divennero i beniamini dei critici snob e degli appassionati in cerca di emozioni nuove: socialmente, quello che erano stati i Massive Attack il decennio prima. Poi, continuarono a fare le stesse cose, che erano ancora belle, ma non più così nuove.

Staralfur
(Àgaetis byrjun, 1999)
Qui c’è un’introduzione di chitarra che potrebbero quasi essere gli U2, ma la riconoscibilità rock è cosa di appena un attimo. Subito cominciano la nenia e le orchestrazioni nymaniane. “Staralfur” è nelle colonne sonore di Vanilla sky e di Le avventure acquatiche di Steve Zissou.

Svefn-g-englar
(Àgaetis byrjun, 1999)
Dieci minuti di progressione lentissima e spettacolare. Non succede quasi niente, salvo lo snodo da dove comincia la nuova ripetizione (quella specie di “tiùù”). Anche questa fu usata nella colonna sonora di Vanilla sky.

Vioar vel til loftarasa
(Àgaetis byrjun, 1999)
“Una buona giornata per un bombardamento aereo”: la descrizione fu pronunciata da un conduttore islandese delle previsioni del tempo durante la guerra del Kosovo. Anche questa dura dieci minuti: stavolta arriva piano piano uno straordinario passaggio minimale di pianoforte che un po’ alla volta viene circondato da una complessa ma discreta batteria di suoni e voce. Musica per non avere niente da fare.

Untitled 1
((), 2003)
Al primo cd dopo il successo planetario (Àgaetis Byrjun era stato uno dei primi dischi a trovare grande popolarità su internet prima che nei canali tradizionali), tutto quello che seppero inventarsi fu di non dargli alcun nome, né alle canzoni (salvo associar loro dei titoli successivamente, sul sito). Due parentesi, e basta. Le canzoni sono tutte cantate in un linguaggio immaginario di ripetizioni di sillabe (simile a quello usato dal pianista belga Wim Mertens). Questa gira intorno a poche note di piano, lente lente.

Untitled 3
((), 2003)
Una meraviglia, qui le note del pianoforte hanno una velocità lenta e precipitosa assieme, come se accelerassero al rallentatore. Quello che chiamano post-rock, è questa roba qui.

Hoppípolla
(Takk, 2005)
Il secondo singolo dal terzo disco arrivò persino a essere programmato da qualche radio coraggiosa (allegro, ritmo sostenuto, e soprattutto aveva una durata “normale”). Ebbe un notevole successo postumo in Gran Bretagna per essere stata usata in diverse trasmissioni televisive dalla BBC.

Sæglópur
(Takk, 2005)
Sæglópur (in islandese "perso nel mare") è cantata prevalentemente in islandese, anche se una consistente porzione di essa è in vonlenska. Il vonlenska è una lingua artificiale creata dai Sigur Rós. Questo idioma è noto anche con il termine inglese hopelandic che in italiano diventerebbe speranzese.

Ára bátur
(Med sud í eyrum vid spilum endalaust, 2008)
But it was you who let everything
Into my heart
And it was you who once again
Awoke my spirit

ascolta anche: Olafur Arnalds || Mogwai || Jónsi || The Album Leaf || Múm

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